La
politica debole rischia di trasformare la ripresa lenta in stagnazione lunga
Di
Carlo Pelanda (8-9-2009)
Quando
finirà l’effetto degli stimoli economici d’emergenza in America, Cina ed eurozona,
qui per altro minimi, cosa trainerà la ripresa globale?
Scenario A:
l’America fa il miracolo e torna locomotiva mondiale. Da un lato, Bernanke
prevede una accelerazione progressiva della “ripresa
lenta” ora in atto. Dall’altro, i dati correnti non la rendono probabile. La
disoccupazione aumenterà fino al 2010. Quasi mille banche
locali sono a rischio per insolvenze da recessione. Il mercato immobiliare
ci metterà un triennio per tornare a galla. Altrettanti serviranno per
ricostruire il risparmio privato. Nuovi stimoli saranno in conflitto con il
contenimento del deficit e dell’inflazione. I consumi non saliranno a
sufficienza per trainare, via importazioni, la crescita globale.
Scenario B: la
Cina passa da un modello basato sull’export ad uno di autocrescita,
tirando l’America e ripristinando la locomotiva sino-americana che poi
aumenterà l’export europeo rimettendo in moto il volano globale. Nel primo
semestre è stato così, ma solo grazie ad una stimolazione di breve che Pechino
non rinnoverà perché non può. Scenario C: l’Europa fa questo lavoro di
locomotiva sostitutiva. Non c’è segno. I suoi stati hanno fatto stimolazioni
insufficienti, generando una disoccupazione a tendenza oltre il 12%, perché
confidano nelle locomotive americana e cinese. Ma, appunto, la prima ha bisogno di almeno tre anni di riparazione
e la seconda non può cambiare modello. Rinnovare gli stimoli? Così
aumenterebbero debito ed inflazione. La seconda può
convivere con la deflazione in una combinazione destabilizzante. Infatti le Banche centrali avrebbero già dovuto alzare il
costo del denaro in base all’inflazione rinascente, ma stanno tardando per non
aggravare la disoccupazione. La
Bce alzerà prima della Fed, ma così si rischierà una ricaduta
recessiva in Europa combinata con la caduta del dollaro ed un’ondata di inflazione globale. Nel G20 di Londra i governi hanno, di
fatto, concordato sulla continuazione di stimolini, un po’ di
inflazioncina e debitini, cioè della formula attuale solo riducendola
per attutirne gli effetti controproducenti. Ma tale
politica debole potrebbe trasformare la crescita lenta in stagnazione lunga,
densa di rischi di ricadute, perché non crea il fattore trainante. Ma c’è? Certo, è la ricostruzione dell’industria finanziaria
in modo da creare una pompa di capitale privato non inflazionistico che torni
ad irrorare il corpo dell’economia mondiale riducendo il fabbisogno di
stimolazioni pubbliche. Per questo è preoccupante la continuazione delle demonizzazioni populistiche del sistema finanziario.
Carlo
Pelanda